Dopo aver letto la storia di Nonno Radio e della sua numerosissima radio nipoteria potrà sembrare strano che ci fosse qualcuno che lo chiamasse semplicemente nonno. Ma per noi nipoti Nonno Radio era e resta Nonno Cesare, un uomo dalla faccia buona e dallo sguardo indulgente, indissolubilmente legato a Nonna Giuseppina, con cui ha condiviso una vita a dir poco avventurosa.
Nove figli e ventitré nipoti sono il versante privato della sua vita interamente dedicata ai ragazzi. A noi nipoti diretti è toccato il privilegio di chiamare nonno e di frequentare, chi più e chi meno a seconda delle distanze, quest’uomo affettuoso ma alieno da smancerie, capace di risultare carismatico senza preoccuparsi di volerlo apparire e di essere autorevole senza mostrarsi mai autoritario. Il suo studio gremito di libri era una specie di sacrario, ufficialmente inaccessibile, e quando alcuni di noi lo violavano di nascosto, spesso a dire il vero, camminavano in punta di piedi …
Non avevamo peraltro la consapevolezza di questo privilegio. Infatti quel poco che sapevamo della fama di cui ha goduto nella stagione d’oro della sua trasmissione radiofonica consisteva nei frammenti che provenivano dai nostri genitori, e dagli esuberanti racconti di nonna Giuseppina. Non è che Nonno Cesare non parlasse del proprio passato: amava raccontaci ad esempio, col suo timbro romagnolo rimasto intatto, del suo paese natale, dei suoi studi liceali o delle zone in cui aveva militato nella Grande Guerra. Ma si guardava bene dal richiamare episodi che riguardassero la sua immagine pubblica. Una reticenza, comune a molti che avevano alle spalle lo stesso vissuto politico, che noi oggi tendiamo a interpretare come una forma di protezione verso di noi.
Le notizie spesso incerte o troppo generiche che ci davano sul nonno stimolarono negli anni la nostra curiosità: interrogammo più volte gli zii, a partire da zio Ernesto, Franco e Arnaldo, confrontammo le loro testimonianze, cominciando a fissare qualcosa per iscritto in un sito web di famiglia. Nel frattempo proseguivamo la consuetudine, tipica di noi zii e cugini, di radunarci periodicamente dalle parti più disparate d’Italia e perfino dall’estero, per rinnovare in festose occasioni conviviali il ricordo di nonno Cesare e nonna Giuseppina. Intanto a lavorare in quei decenni, per lo più sotto traccia, era soprattutto zio Arnaldo, il quale si era accorto subito del valore del materiale che custodiva dopo averlo conservato in seguito alla morte dei nonni: lo esaminò, cominciò a ordinarlo, andò in cerca di nuove fonti. Alcuni di noi nel frattempo si dilettavano con la ricerca in internet, cominciando ad accorgersi che il ruolo del nonno nell’ambito dell’educazione, della scolarizzazione e della comunicazione, per vent’anni, fino alla fine della guerra, era tutt’altro che trascurabile. Navigando sulla rete ci si imbatteva anche in alcune notizie sul ruolo politico che ebbe nel confronto tra il mondo mazziniano, da cui proveniva, e il fascismo ai suoi esordi e nei primi anni della sua affermazione. Del resto, sapevamo del suo rapporto di confidenza con Mussolini, suo amico, conterraneo e vecchio compagno di lotta dai tempi delle battaglie socialiste.
La scomparsa improvvisa di zio Arnaldo fece nascere il desiderio di fare sul serio e di portare avanti il lavoro che lui aveva intrapreso. Dai documenti custoditi dallo zio anche noi nipoti abbiamo si può dire sentito per la prima volta raccontare in modo completo la storia di nostro nonno, la storia di Nonno Radio che è raccolta in questo libro.
Cominciammo a leggere i diari di guerra, con i resoconti degli aspri scontri che lo videro coinvolto, giovane tenente, nell’undicesima battaglia dell’Isonzo, fino al giorno del suo ferimento: l’attacco sanguinoso ma non risolutivo al monte Hermada.
Un ricordo personale che è anche uno straordinario documento storico sulla sterile condotta strategica del Generale Cadorna, un quadro realistico e insieme partecipe della vita della truppa, con la condivisione degli stenti, la solidarietà e l’allegro cameratismo, il sentimento di pietà verso i prigionieri, le parole di affetto verso la famiglia, verso la patria, le sue intense letture. Impossibile trovare una parola d’odio, un moto d’insofferenza.
Lo si trova poi a Roma, dove esercita l'insegnamento e intraprende le prime battaglie politiche, nel nome di Mazzini. Ma il Novecento è un secolo veloce: questo capitolo merita una pagina a parte ...